Lo Stato è come la religione, vale se la gente ci crede, e la gente ormai non ci crede più: lo dimostra il 48% degli elettori che si è rifiutato di recarsi alle urne il 31 maggio.
Le recenti elezioni amministrative testimoniano un ulteriore approfondimento del fossato che separa i ceti popolari da una parte e il ceto politico e le classi privilegiate dall’altra.
L’aumento delle astensioni conferma il più importante fatto politico nell’Italia degli ultimi anni: per la prima volta da quando le classi subalterne ebbero il diritto di voto, la maggioranza dei lavoratori dipendenti si astiene dalle elezioni, e fra gli astenuti i lavoratori dipendenti, e in particolare la classe operaia, sono il gruppo sociale più rappresentato. Oggi l’astensionismo esprime massicciamente la protesta contro la gretta politica di difesa ed accrescimento dei privilegi di pochi portata avanti dai governi che si sono succeduti.
L’indifferenza delle istituzioni nei confronti dei movimenti di protesta, dall’occupazione delle case alla lotta contro le grandi opere, dalla difesa dei diritti dei lavoratori alla difesa della libertà di manifestare e così via, accompagnata da una repressione sempre più brutale nei confronti degli oppositori, è la causa principale dell’astensionismo popolare; l’atteggiamento miope e arrogante del ceto politico non fa che esaltarne le potenzialità di rottura del sistema esistente, accelerando una presa di coscienza che altrimenti sarebbe molto più difficile.
Un altro risultato di queste elezioni ci consegna una rappresentazione migliore della coscienza popolare: la Lega Nord nonostante l’enorme visibilità mediatica e il netto ridimensionamento di Forza Italia non sfonda come ci si aspettava ed anzi perde in termini di voti complessivi, mentre il Movimento 5 Stelle perde quasi due milioni di voti rispetto alle elezioni politiche precedenti. Il tentativo di convogliare il malcontento popolare nelle liste dell’opposizione è fallito.
Chi si è rifiutato, domenica 31 maggio, di dare fiducia ad un altro che risolva i suoi problemi, ora deve avere fiducia in se stesso e in chi gli sta accanto, deve avere fiducia nel suo diritto ad usare le case sfitte o abitate da pochissime persone, deve avere fiducia nel suo diritto ad usare dei mezzi di sussistenza di cui ha bisogno, ad usare la fabbrica, l’impianto, il campo che il proprietario lascia inutilizzato per produrre, liberamente associato agli altri, ciò che abbisogna a tutti; e una volta rivendicato questo diritto, necessita che si organizzi per difenderlo, con ogni mezzo, contro i tutori della proprietà privata.
Gli sfruttati non hanno bisogno di dimostrare a nessuno che sono capaci di prendere possesso dei mezzi di lavoro e quindi della direzione della produzione: economisti, banchieri, manager, governanti non hanno fatto niente per uscire dalla crisi, quel poco che è stato fatto è stato pagato a lacrime di sangue dalle lavoratrici e dai lavoratori. E’ ora che paghino i ricchi, è ora che paghino i politici.
La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana
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